Compassionate farming: l'inganno

Notizia inserita il 27/01/2009

Non puo' esistere "compassione" negli allevamenti, quando la destinazione finale e' il macello.

Il sito HumaneMyth.org mette in evidenza una questione molto infida in tema del cosiddetto "animal welfare" (benessere animale) che si potrebbe riassumere cosi': "Hai orrore delle condizioni degli animali negli allevamenti intensivi? Bene, ti proponiamo la stessa carne, le stesse uova, lo stesso latte ma senza che cio' comporti sofferenza per gli animali". Quale messaggio potrebbe essere piu' rassicurante (ed allettante) per la coscienza della gente? Continuare a mangiare come sempre ma con la coscienza a posto: basta comprare prodotti con l'etichetta "cruelty-free", "cage-free", "organic" o "compassionate"...

Ovvio che tutto questo non può essere vero, ma i "consumatori" sono bravi ad autoingannarsi, e se gli si fornisce questa comoda scusa, non cambieranno mai comportamento.

Eppure esistono diversi siti che propagandando proprio questo falso mito. Quello per cui sia possibile ammazzare un animale in modo "compassionevole". Se li andate a visitare non troverete le immagini classiche della pubblicita' che presentano i prodotti e le mucche, sullo sfondo magari sotto forma di cartoni animati, tanto per separare ancor di piu' l'immagine dell'animale da quello del prodotto. In questi siti si mostrano immagini degli allevamenti e delle condizioni in cui sono tenuti gli animali, ma queste descrivono un allevamento rispettoso degli animali, attento al loro benessere e alla qualita' dei "prodotti". A prima vista sembrano essere "moderatamente animalisti", ma nascondono tutt'altro.

Si parla di certificazione, e di standard di benessere per gli animali, con tanto di documenti che descrivono il tutto nel dettaglio (ad esempio i maiali adulti devono avere uno spazio che permetta loro di girarsi e di sdraiarsi...).

Il sito Humane Myth propone diversi articoli di interesse. Ne citiamo uno, Humane Myth Analysis of "Back in Rack", che cita un esempio di questa mistificazione che si sta costruendo sui prodotti animali "humane certified". L'autore parla di un nuovo rinascimento, dove il consumo di carne prodotta "umanamente" possa risolvere il conflitto etico connesso con la zootecnia industriale. Afferma che 10.000 anni fa, l'inizio della pratica dell'allevamento fu una sorta di patto di mutuo interesse tra uomo e animali...

Peccato che questa pretesa filosofia degli allevamenti umanitari sia in stridente contrasto con la realta' e con la logica. Uccidere "umanamente" un animale e' un palese non-senso, e qualsiasi prodotto di origine animale, che sia latte, uova o lana comporta necessariamente l'uccisione di quegli animali. L'uccisione, non solo lo sfruttamento piu' o meno feroce. Questo e' quello che piu' o meno inconsciamente la gente vorrebbe credere. La mucca al pascolo felice che con un tocco di bacchetta magica diventa "carne". Lo constatiamo ogni volta che a un presidio si presentano i video dei macelli e tutti "non sapevano".

Dal sito di HumaneMyth riportiamo un brano della loro "dichiarazione" riguardo a cio' che non e' accettabile nel quadro di una trasformazione culturale che sia rispettosa degli animali:

  • offrire una visione fuorviante o incompleta della reclusione, della deprivazione sociale, delle mutilazioni, delle manipolazioni riproduttive, delle indegnita' e della morte prematura inflitta agli animali per profitto;
  • minimizzare o mostrare in modo incompleto l'impatto sulla salute umana, sugli animali selvatici e sull'ambiente della produzione e del consumo di prodotti di origine animale;
  • sviluppare, sostenere, certificare e/o promuovere qualsiasi tipo di prodotto animale inclusi quelli etichettati come "umanitari", "cruelty-free", "senza gabbie", "free range," "compassionevoli," ecc.;
  • sviluppare, appoggiare, lodare, plaudere o promuovere "nuovi e migliorativi" metodi nell'uso e nell'uccisione di animali;
  • fornire qualsivoglia tipo di beneficio in termini relazionali a individui o societa', che abbiano l'effetto di rendere la vendita, o lo sfruttamento e l'uccisione di animali piu' redditizio o socialmente accettabile.

In conclusione: pensare di continuare a mangiare la stessa quantità di carne, pesce, latte e uova che provengano da animali "trattati bene" significa prendersi in giro da soli. Non solo perché gli allevamenti "compassionevoli" non possono esistere - se un animale è merce, come tale viene trattato - ma anche perché per avere allevamenti non intensivi bisogna PER FORZA diminuire il consumo. Se il consumo rimane lo stesso, la produzione rimane la stessa, e gli allevamenti pure.

Allora, prima bisogna che i consumi diventino almeno un quarto rispetto a quelli attuali, e dopo si potrà vedere se gli animali possono essere trattati meglio (ma secondo noi no). Consumare cibi animali a ogni pasto e pretendere di non far soffrire gli animali è assurdo. E chi vi racconta che si può fare, vi sta mentendo.

Articolo originale: Compassionate farming: l'inganno
Fonte: AgireOra - informazioni e progetti animalisti

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