"PUBLIC ART"
MOSTRA INTERNAZIONALE DOCUMENTATIVA
Sala di Palazzo Costanzi ed Ex Albo Pretorio, Trieste
Museo d'arte Moderna Ugo Carà - Muggia (TS)
a cura di Maria Campitelli in collaborazione con Elisa Vladilo
Nella complessa operazione "Public Art Trieste e dintorni" promossa dal Gruppo 78, questa mostra - ospitata a Trieste a Palazzo Costanzi e all'ex Albo Pretorio, a Muggia al Museo d'Arte Moderna Ugo Carà - svolge un ruolo determinante per l'informazione sull'argomento specifico, fornendo una serie di esempi di arte pubblica tratti da alcuni suoi protagonisti in Italia e all'estero.
Non è certo esaustiva, né potrebbe mai esserlo, tenta soprattutto di evidenziare le diversità che ci sono fra l'accezione italiana di "Arte Pubblica" e in genere potremo dire, mediterranea, del sud Europa, rispetto all'accezione di alcuni paesi dell'Europa Settentrionale, Gran Bretagna in testa. Nel nord infatti, e soprattutto in Gran Bretagna, l'Arte Pubblica è un concetto esaustivamente acquisito a livello isituzionale, tant'è che esiste la facoltà universitaria di "Arte Pubblica", che il rinnovamento qualitativo ambientale di territori degradati passa attraverso la realtà a volte persino eccessiva di concorsi e partecipazioni di "arte pubblica", nel senso che si esercita massivamente con rischi di approssimazioni, come nel caso dell'arteria A13, la principale via di accesso a Londra dal sud-ovest del paese.
Lo afferma l'artista Alberto Duman e lo testimonia il suo intervento "people live here", progettato appunto per la A13, in cui dirotta l'attenzione verso la gente che abita nei quartieri adiacenti all'autostrada, spesso costituita da stranieri o "emarginati in transito", mentre con altri interventi si è preferito realizzare ingombranti (ed inutili) presenze nei numerosi "shopping villages" che circondano gli insediamenti residenziali, concepiti secondo un "modello fallimentare di urbanesimo periferico". Il discorso sarebbe lungo e complesso, non iscrivibile in una breve premessa, come questa, ad una mostra esemplificativa.
In Italia, negli ultimi tempi, e direi a partire dall'affermazione della realtà Oreste alla Biennale del 1999 predomina invece l'interpretazione comunicativa-socio-relazionale. Gli artisti italiani optano per un intervento diretto con la gente, facendola partecipe del progetto creativo, in certi casi con un'evidente incidenza socio-politica, per tentare di cambiare le cose.
Nel nord si realizzano più site specific, e Münster con Skulptur Projekte - che abbiamo la fortuna di presentare all'interno dell'evento triestino - lo testimonia in modo inequivocabile; in Italia ci si attiva di più a sensibilizzare la gente ai problemi che la riguarda direttamente, predisponendo una coscienza critica che aiuti a migliorare la qualità esistenziale ed ambientale, come fanno Bert Theis, Osservatorio in Opera, Paola Di Bello a Milano, Annalisa Cattani, Emilio Fantin a Bologna e nel mondo, per citarne solo alcuni. I primi tre hanno lavorato soprattutto attorno al problema della Stecca degli Artigiani all'Isola Garibaldi, la struttura fatiscente in mezzo ad un vasto terreno libero, occupata da artisti ed associazioni con l'intento di preservarla dalla speculazione edilizia. Proposito purtroppo di recente fallito con l'abbattimento della struttura stessa.
Emilio Fantin e Giancarlo Norese sono stati tra i promotori di Oreste alla Biennale del 1999 e hanno gestito, con altri artisti, uno spazio di incontro e di relazione, di scambio di informazioni, determinando quell'"arte live che si attua mediante una pratica performativa radicale", come ha scritto Lorenza Perelli in "Public Art, Arte, interazione e progetto urbano", ed. FrancoAngeli, 2006.
Fantin svolge per conto suo una ricerca sui rapporti interpersonali, sulle "ultime frontiere relazionali", sugli "incontri interiori" come testimoniano i suoi video, che documentano anche il "trekking" da un monte all'altro dell'Appennino Tosco-Emiliano, con qualche eco di Richard Long, e "Apocalisse", ovvero l'incredibile avventura di un artista per accedere, in qualità di fornitore di servizi per il pubblico, alla Biennale.
Le fotografie di Giancarlo Norese ci riportano a quel quoziente di creatività, di implicita potenzialità d'altri sensi che esiste nelle cose così come stanno, certo con un fondo di irriducibile cultura situazionista. Basta sollecitare altre letture, per individuare nuove prospettive.
Annalisa Cattani racconta avventure performative, ideate per incontrare l'altro e capire le sue problematiche nascoste, o documenta azioni artistiche intese come "motore che rimette in gioco percorsi di senso e di memoria" ("venti, trenta, quaranta metri, Rocca Stellata di Bondeno, Ferrara, 2006).
Paola Di Bello ha partecipato alle "azioni" di salvaguardia della Stecca degli Artigiani con "un ritratto del quartiere Isola", fissando con il clic intere famigliole sullo sfondo dei grattacieli inquadrati dalle finestre della Stecca, minaccia incombente ed invasiva di spazi ancora liberi ed aperti alla gente del posto.
E Bert Theis, l'animatore di tutto il movimento, è presente, oltre che con i documenti di OUT - l'"Ufficio per la trasformazione urbana" che prende in considerazione anche quartieri di Mexico City e Tirana - con quelli di alcuni progetti, le cosiddette Platforms, impiegate in diverse situazioni, da "Arte all'Arte" a "Skulptur Projekte", 1997 di Muenster, piattaforme filosofiche, pensatoi, luoghi di pausa e riflessione, ideati per migliorare la qualità della vita negli spazi pubblici.
Osservatorio in Opera, composto da Piero Almeoni, Paola Sabatti Bassini, Roberta Sisti, da parte sua ha contribuito alla causa della Stecca con dei video, con il "Bollettino" n. 1 e 2, considerando nel primo la violenza praticata in genere su opere e luoghi d'arte, nel secondo raccogliendo i desideri e la denuncia da parte della popolazione dell'Isola Garibaldi contro la speculazione edilizia e il potere politico. Entrambi sono stati esposti, assieme alla simpatica bolla con la neve "Souvenir da Milano" alla recentissima mostra dell'aprile 2007, allestita alla stessa Stecca poco prima della sua demolizione.
Anche Bastiaan Arler, olandese trapiantato in Italia, compie "azioni performative" che inducono a riflettere sulle nostre modalità esistenziali. "Syntax Error" è una performance paradigmatica che simbolicamente traccia, con un gruppo di performer mascherati, in uno spazio prestabilito, i percorsi quotidiani di milioni di cittadini nella routine di un sistema di vita omologato, inconsapevolmente accettato e condiviso. Il percorso qui è guidato dall'artista che ne ha programmato i movimenti, ma...scappano degli "errori di sintassi".
Il duo Steinbrener-Dempf di Vienna, opera sul territorio urbano, inseguendo dunque il rapporto arte/città. Di grande efficacia l'intervento "Delete!" - realizzato nell'estate 2005, al settimo distretto, e qui documentato - con la sparizione, per due settimane, di tutte le insegne, pubblicità, slogans, che costituiscono il tessuto semiotico di un'arteria cittadina. Ovvero azzeramento dell'assordante, insistente comunicazione commerciale che, nell'onnipresenza e nell'iterazione, si vanifica comunque nella ricezione del cittadino. Due inaspettate settimane di silenzio, con le insegne imbavagliate dal tessuto giallo, che in ogni caso propongono una nuova lettura di quella strada.
Anche l'altra coppia di architetti/artisti, i fratelli Maik e Dirk Loebbert, interviene sull'architettura e l'ambiente urbano. Le foto tratte dal progetto "Anonymus" documentano una curiosa operazione: quella di citazioni di interni, dislocati però su percorsi pubblici, come "Gardarobe" o "Dressing Room", realizzati con il recupero di oggetti di scarto, nel concetto dunque del riciclo. Mini-installazioni, abbandonate poi a se stesse, soggette al logorio del tempo e alla naturale decomposizione.
I giovani archietti dello Studio Topotek 1 di Berlino rielaborano l'immagine dello spazio attraverso la realizzazione di parchi e paesaggi. Si definiscono infatti architetti del paesaggio organizzando spazi aperti con soluzioni formali e strutturali di intensa valenza estetica. Non disdegnano tuttavia di realizzare interventi all'interno di strutture architettoniche come nel cortile del palazzo realizzato per il Bayer Pension Plan, lungo l'Unter den Linden, a Berlino, che si trasforma in un "tappeto, una tappezzeria antica, un broccato". Il titolo è infatti "Broderie". Ma non da meno sono i "giardini circolari" realizzati a Wolfsburg in occasione dell'esposizione di orticultura del 2004, o l'austera sistemazione di un giardino monastico per l'antica certosa di Padula.
La belga Lieve van Stappen compare qui con un lavoro imperniato sul recupero di memoria relativo alla prima guerra mondiale, che, nel suo territorio ha lasciato abbondanti tracce della tragedia consumata sul "fronte occidentale". Una memoria risucchiata dall'oblio delle nuove generazioni, eredi ignare di quel retaggio storico, anche se passato attraverso i loro remoti familiari.
Elisa Vladilo infine conclude questo ciclo espositivo con una serie di lavori legati a varie esperienze, dalla casa, luogo di una residenza artistica a Sinj Vrh (Slovenia) trasformata in virtù della quadratura coloratissima disposta in facciata, alla recente "pioggia di musica in via delle ombrelle", con tele variopinte tirate da un estremo all'altro della strada, dalle "striscie pedonali rosa" realizzate a Genova, all'intervento all'interno della Fabbrica del Vapore a Milano. Colori e gioco, secondo la sua consuetudine, irrompono nei luoghi prescelti, rianimandoli, riversando in loro veramente nuova linfa vitale.
dove: Palazzo Costanzi, Piazza Piccola, 2 - Trieste
inaugurazione: 24 Luglio ore 18.30
periodo: 25 Luglio - 2 Settembre 2007
dove: Sala ex Albo Pretorio, Piazza Piccola, 3 - Trieste
periodo: 5 Agosto - 2 Settembre 2007
dove: Museo d'Arte Contemporanea Ugo Carà, Via Roma, 9 - Muggia (TS)
inaugurazione: 1 Agosto ore 18.30
periodo: 1 - 28 agosto 2007
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